Dalla fine degli anni sessanta, Ugo Tartara impiega delle tavole di legno solcate da tagli ortogonali, modulate da rilievi e scavi, colorate in modo da far assumere all'insieme una forte tensione strutturale in cui è possibile cogliere, oltre che l'affinità con lo spirito spazialista, anche la necessità di far vivere i segnimateria avvalendosi dell'incidenza della luce. Nelle più recenti composizioni, Tartara è attratto sia dai materiali lucidi e perfetti come il vetro e lo specchio, sia da quei materiali scabri e irregolari, gommosi o sfilacciati come la stoffa e la sabbia, i tessuti e le plastiche, ricoperti di colore.