Più di 180 opere tra oli, opere su carta e sculture offrono un quadro straordinario della frenesia creativa originale ed eclettica di Pablo Picasso, nel ventennio tra le due guerre mondiali: dal 1917 al 1937, che ingloba per così dire tutti i periodo produttivi del maestro spagnolo, poiché sottolinea la proteiforme diversità dell’artista. Il titolo Arlecchino dell’arte vuole essere una metafora, come sottolinea Yve-Alain Bois: “Arlecchino può essere qualsiasi cosa desideri e Picasso, che era all’apice della sua produttività e poteva adottare contemporaneamente gli stilemi del cubismo, del neoclassicismo, del surrealismo e dell’espressionismo, aveva diverse affinità con questa maschera leggendaria”. Il volume presenta infatti ben quattro diverse interpretazioni che Picasso dà di questo soggetto: il classico Arlecchino (Ritratto di Léonice Massine) del 1917 (Museu Picasso, Barcelona), lo splendido Arlecchino suonatore cubista del 1924 (The National Gallery of Art, Washington D.C.), l’Arlecchino astrattista del 1927 (The Metropolitan Museum of Art, New York) e la Testa di Arlecchino surrealista sempre del 1927 (collezione privata). Per Picasso, Roma rappresenta il momento in cui, dopo la crisi del cubismo, l’artista sceglie di recuperare la tradizione classica, decidendo che nulla va scartato e tutto può entrare a far parte del proprio arsenale artistico come testimonia L’Italienne, allegra scomposizione cubista di una fanciulla italiana con il profilo del cupolone di San Pietro sullo sfondo, che Picasso dipinse durante il suo soggiorno romano. Nel 1925 Picasso, ormai stanco di alternare solo due stili, il cubismo e il neoclassicismo, si accostò al surrealismo e, pur senza mai legarsi al movimento, superò tuttavia i surrealisti nel realizzare il loro programma artistico, poiché sapeva meglio della maggior parte di loro come evitare la trappola di illustrare una teoria creando un’immagine. Sempre nella seconda metà degli anni Venti, Picasso diede anche una seconda possibilità a quell’astrattismo che aveva rifiutato nel periodo di massimo sviluppo del cubismo, come testimonia, tra gli altri, un capolavoro come Due donne davanti alla finestra (1927). Nei primi anni Trenta, probabilmente in reazione alle pratiche decisamente antipittoriche delle avanguardie, Picasso ricominciò a considerare Matisse un suo interlocutore e qualche anno più tardi l’artista spagnolo tornò a interessarsi al ritratto, un genere che gli consentiva di adottare stili ancora più eterogenei.